Vi invidio, in fondo. Riuscire a coinvolgersi in
una inutile, scialba e fragile vita. Corrompere le proprie
verità, ergersi, cadere, sollevarsi e sorridere, come se niente
fosse. Vi invidio. Scambiare scorregge per brezze marine,
ignobili lampadine per stelle e banali parole per musica. Vi
invidio. Invidio le vostre certezze, il vostro creare il nulla
dal niente, il vostro cadere da torri dove non siete mai saliti.
Vi invidio. Invidio il vostro dito indice, così risoluto, fermo,
deciso. Invidio il vostro occhio acuto che non sbaglia mai
angolazione. Invidio il vostro piedistallo, così delineato
dall’arroganza. Invidio tutto quello che sapete e che io non so e
invidio che sappiate di saperlo. Vi invidio. Invidio il vostro
salire in alto restando sempre in basso, invidio il vostro
credere in qualcosa in cui credete solo voi e invidio questa
vostra pienezza semplice, questo vostro completarvi in voi
stessi, questo esserci perché no. Io vi invidio. Invidio la
vostra consapevole mancanza di consapevolezze, invidio il vostro
fluttuare, le vostre barricate trasparenti, i vostri perché senza
domanda, i vostri sempre e i vostri mai così dogmatici. Invidio
le vostre difese ad oltranza e le vostre accuse ad oltranza,
invidio i vostri sensi unici e le vostre rotatorie. Vi invidio,
perché credete in qualcosa che non c’è, e perché non c’è quello
in cui credete. E perché se ci fosse fareste in modo di far
credere a voi stessi che sarebbe colpa di un altro. Un tritatutto
del presente e del futuro, poiché il passato è passato e facile.
Per tutto questo vi invidio. Ca...volo, come vi invidio.