A volte si scrive per sè.
A volte vorresti, invece, che ti leggessero…
A volte scrivere è un invito. Come dire:
“Vieni che ti offro una tazzina di me,
una scodella d'anima mia,
un bicchiere del mio sentire”.
E allora, in quel caso,
si preparano per bene le parole.
Si mettono in infusione
nel calore delle emozioni più intense,
come bustine di tè pregiato nell'acqua bollente.
Si cerca il vestito “buono” ad ogni frase.
Si sistema la punteggiatura in modo amorevole e premuroso…
A volte le parole giocano a nascondino
e desiderano proprio essere cercate, scovate,
scoperte, apprezzate, studiate, conservate, ricordate.
E allora si lasciano lì. Sulla carta.
Come indizi. Come segni.
Come la spallina di una sottoveste scivolata giù nella penombra.
Come il lucchetto semiaperto di un diario
che non trattiene più il silenzio delle sue pagine.
Come un messaggio in codice.
Diventano una carezza languida.
Un sospiro.
Un occhiolino.