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Mi descrivo

Per avere degli occhi belli, cerca la bontà negli altri; per delle labbra belle, pronuncia solo parole gentili; per una figura snella, dividi il tuo cibo con le persone affamate; per dei capelli belli lascia che un bambino vi passi le sue dita una volta al giorno; e per l'atteggiamento, cammina con la consapevolezza che non sei mai sola.

Su di me

Situazione sentimentale

-

Lingue conosciute

-

I miei pregi

Vi sono persone che senza i loro difetti mai avrebbero fatto conoscere le loro buone qualità.

I miei difetti

C’è una crepa in ogni cosa. E’ da lì che entra la luce.

Amo & Odio

Tre cose che amo

  1. i boschi silenziosi e i cieli stellati
  2. il rumore del mare
  3. la dolcezza in tutte le sue forme

Tre cose che odio

  1. la volgarità
  2. l'arroganza
  3. l'indecisione

I miei interessi

Passioni

  • Lettura
  • Cinema
  • Musica
  • Arte
  • Moda

Musica

  • Jazz
  • Pop
  • Classica
  • Latino-americana
  • Lirica

Cucina

  • Piatti italiani
  • Grigliatona tra amici
  • Pizza
  • Stellata

Libri

  • Classici
  • Narrativa

Film

  • Avventura
  • Classici
  • Spionaggio
  • Romantico
  • Thriller

Accanto è un posto che spaventa. Che mette in fuga le persone. Anche quelle che giuravano di non perdersi. Anche quelle che promettevano di esserci. Sempre e comunque. “Perché di me ti puoi fidare” dicevano. Poi, al primo accenno di tempesta non c’erano già più. Perché spaventa essere chiari. Fare promesse per poi mantenerle. Essere onesti e parlare a bassa voce negli occhi. Accanto è un posto che ogni giorno si conquista. Perché a dividersi i successi, sono capaci tutti. Ma le sconfitte no, quelle son pesanti e non le vuole mai nessuno. Per questo ti dico: fai attenzione a chi dovrà passare in quello spazio. E’ il più prezioso che possiedi. Ricordatelo sempre. Lì ci sei tu per ciò che sei realmente. Senza poter mentire. Senza poterti difendere. Accanto è un posto in cui si rischia di farsi male. Di partire senza avere nessuna certezza di tornare. Dove si sta perché si vuole stare. Dove si resta perché il cuore ce lo chiede. Dove si mettono da parte i giudizi. E nonostante la paura si va avanti. E si cresce insieme. Sono tante le persone speciali che incontriamo. Quelle a cui chiediamo di abbacciarci senza parlare. Ma poche, forse una soltanto è quella persona lì a cui chiediamo senza il timore di sbagliare di restarci accanto.

Io sono antica, dicevo a un amico qualche giorno fa, senza riuscire a spiegargli in quel momento in che senso lo intendessi. Non è l’identificarsi col tradizionalista, perché la mia è anche accoglienza del nuovo, non è avversione indiscriminata al progresso, perché in fondo di questo faccio uso.
Ma è il modo di rapportarmi a tutto questo che mi fa antica. Perché il mio concetto di tempo è un concetto recuperato dall’antico.
Darsi tempo, principalmente, non lasciarsi mangiare e consumare dalle cose.
Questa è un’epoca che fagocita tutto senza dichiararlo apertamente. Io rifiuto di essere fagocitata dal superfluo che sembra diventato oggigiorno la necessità, la priorità, la norma.
Essere antichi, per come lo intendo io, significa privilegiare la qualità della vita rispetto alla quantità indifferenziata dell’abbondanza.
Qualità significa conoscere, consumare senza spreco, non abbuffarsi né di oggetti né di cibo. Saper scegliere le cose di cui abbiamo veramente bisogno, senza sottometterci alle mode, all’usa e getta che altro scopo non ha se non quello di favorire l’ennesimo ricambio di quanto si produce, nell’ottica di un eterno temporaneo consumo, di una sempre accresciuta produzione, e per contro, di un costante aumento nello svilimento e sfruttamento della manodopera impiegata in paesi resi sempre più poveri.
Mi sento antica perché voglio assaporare, gustare la genuinità e non mi accontento della sua rappresentazione puramente virtuale. Perché conosco quel che la mia terra produce di buono e so dargli valore.
Antico è il mio bisogno di affidarmi a un’educazione fondamentale su quanto mi è utile oltre che piacevole.
Antico è il rifiuto all’omologazione propugnata e diffusa da discutibili modelli, da discutibilissimi linguaggi e personaggi dei mass media.
Antico è anche il tempo selezionato, e perciò ridotto, dedicato a queste attività, perché è tempo usato contro il tempo che ci è dato per vivere.
Significa, essere antica, anche uscirsene senza portarsi necessariamente il cellulare, senza essere per forza collegati e rintracciabili da chiunque ed in qualunque posto, in qualsiasi momento, non piegarsi all’insensata necessità di controllare 300 volte al giorno il telefonino o di lasciarlo come un bicchiere, un piatto, accanto a te sul tavolo del bar o del ristorante.
Antico è ritagliarsi uno spazio privato, difenderlo e arricchirlo di interessi che ti gratificano perché ti formano.
Antico è camminare e mantenere il corpo in attività, è posare lo sguardo sempre fresco e nuovo su oggetti e persone vedendole e ascoltandole con partecipazione.
Significa saper distinguere i profumi, riconoscere i fiori, gli alberi, i venti, il valore di ogni singola parola, di ogni atto disinteressato d’amicizia.
È l’amore del bello naturale, dei veri colori di un tramonto, ad esempio, di per sé già qualcosa di insostituibile e irrecuperabile.
Di uomini e donne che fanno un uso discreto della loro bellezza e un uso quotidiano e naturale della loro gentilezza.
Quest’antico è rivoluzionario, è ancora il no del ribelle di Camus, è memoria che non sbiadisce con un colpo di spugna, è il no al signorsì nei confronti del progresso consumistico e omologante che si è impadronito già delle vite e principalmente delle vite di oggi.
E non deve spaventare questa solitudine. La solitudine di trovarsi nella direzione opposta a quella imperante. Che sia questo il sensato, il reale e l’umanissimo progresso. 

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