VI GIRO IL MESSAGGIO SCRITTO DA UN PROFESSORE DELLA RAGAZZINA DI
12 ANNI DI PORDENONE CHE HA TENTATO DI SUICIDARSI QUALCHE TEMPO
FA.
EDUCHIAMO I NOSTRI FIGLI ALLA SENSIBILITÀ E AL RISPETTO!
Oggi una ragazza della mia città ha cercato di uccidersi.
Ha preso e si è buttata dal secondo piano.
No, non è morta. Ma la botta che ha preso ha rischiato di
prenderle la spina dorsale. Per poco non le succedeva qualcosa di
forse peggiore della morte: la condanna a restare tutta la vita
immobile e senza poter comunicare con gli altri normalmente.
“Adesso sarete contenti”, ha scritto. Parlava ai suoi compagni.
NON FA RIDERE, VI QUALIFICA.
Allora io adesso vi dico una cosa. E sarò un po’ duro, vi
avverto. Ma c’ho ‘sta cosa dentro ed è difficile lasciarla
lì.
Quando la finirete?
Quando finirete di mettervi in due, in tre, in cinque, in dieci
contro uno?
Quando finirete di far finta che le parole non siano importanti,
che siano “solo parole”, che non abbiano conseguenze, e poi di
mettervi lì a scrivere quei messaggi – li ho letti, sì, i
messaggi che siete capaci di scrivere – tutte le vostre “t...a di
merda”, i vostri “figlio di pu....a”, i vostri “devi morire”.
Quando la finirete di dire “Ma sì, io scherzavo” dopo essere
stati capaci di scrivere “non meriti di esistere”?
Quando la finirete di ridere, e di ridere così forte, quando
passa la ragazza grassa, quando la finirete di indicare col dito
il ragazzo “che ha il professore di sostegno”, quando la finirete
di dividere il mondo in fighi e sfigati?
Che cosa deve ancora succedere, perché la finiate? Che cosa
aspettate? Che tocchi al vostro compagno, alla vostra amica, a
vostra sorella, a voi?
E poi voi. Voi genitori, sì. Voi che i vostri figli sono quelli
capaci di scrivere certi messaggi. O quelli che ridono così
forte.
Quando la finirete di chiudere un occhio?
Quando la finirete di dire “Ma sì, ragazzate”?
Quando la finirete di non avere idea di che diavolo ci fanno 8
ore al giorno i vostri figli con quel telefono?
Quando la finirete di non leggere neanche le note e le
comunicazioni che scriviamo sul libretto personale?
Quando la finirete di venire da noi insegnanti una volta l’anno
(se va bene)?
Quando inizierete a spiegare ai vostri figli che la diversità non
è una malattia, o un fatto da deridere, quando inizierete a non
essere voi i primi a farlo, perché da sempre non sono le parole
ma gli esempi, gli insegnamenti migliori?
Perché quando una ragazzina di dodici anni prova a buttarsi di
sotto, non è solo una ragazzina di dodici anni che lo sta
facendo: siamo tutti noi. E se una ragazzina di quell’età decide
di buttarsi, non lo sta facendo da sola: una piccola spinta
arriva da tutti quelli che erano lì non hanno visto, non hanno
fatto, non hanno detto.
E tutti noi, proprio tutti, siamo quelli che quando succedono
cose come questa devono vedere, fare, dire. Anzi urlare. Una
parola, una sola, che è: “Basta”.