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Kalos_kai_agathos_6

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Kalos_kai_agathos_6 più di un mese fa

'Chissà se un giorno butteremo le maschere
che portiamo sul volto senza saperlo.
Per questo è tanto difficile identificare
gli uomini che incontriamo.
Forse fra i tanti, fra i milioni c’è
quello in cui viso e maschera coincidono
e lui solo potrebbe dirci la parola
che attendiamo da sempre. Ma è probabile
che egli stesso non sappia il suo privilegio.
Chi l’ha saputo, se uno ne fu mai,
pagò il suo dono con balbuzie o peggio.
Non valeva la pena di trovarlo. Il suo nome
fu sempre impronunciabile per cause
non solo di fonetica. La scienza
ha ben altro da fare o da non fare."

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Mi descrivo

Forme e significati, dovrebbero influenzarsi a vicenda e riflettere in qualche modo l'immagine.

Su di me

Situazione sentimentale

-

Lingue conosciute

-

I miei pregi

-

I miei difetti

-

Amo & Odio

Tre cose che amo

  1. La delicatezza del poco e del niente
  2. L'impercettibile
  3. Il colore sfumato

Tre cose che odio

  1. Il lato barbarico della specie
  2. nessuna
  3. nessuna

 

 

Non è facile dire il cambiamento che operasti.

Se adesso sono viva, allora ero morta
anche se, come una pietra, non me ne curavo
e me ne stavo dov'ero per abitudine.
Tu non ti limitasti a spingermi un po' col piede, no
e a lasciare che rivolgersi il mio piccolo occhio nudo
di nuovo verso il cielo, senza speranza, è ovvio,
di comprendere l'azzurro, o le stelle.
Non fu questo.
Diciamo che ho dormito: un serpente
mascherato da sasso nero tra i sassi neri
nel bianco iato dell'inverno
come i miei vicini, senza trarre alcun piacere
dai milioni di guance perfettamente cesellate
che si posavano a ogni istante per sciogliere
la mia guancia di basalto.
Si mutavano in lacrime,
angeli piangenti su nature spente,
ma non mi convincevano.
Quelle lacrime gelavano.
Ogni testa morta aveva una visiera di ghiaccio.
E io continuavo a dormire come un dito ripiegato.
La prima cosa che vidi fu l'aria, aria trasparente,
e le gocce prigioniere che si levavano in rugiada
limpide come spiriti.
Tutt'intorno giacevano molte
pietre stolide e inespressive.
Io guardavo e non capivo.
Con un brillio di scaglie di mica, mi svolsi
per riversarmi fuori come un liquido
tra le zampe d'uccello e gli steli delle piante.
Non m'ingannai. Ti riconobbi all'istante.
Albero e pietra scintillavano, senz'ombra.
La mia breve lunghezza diventò lucente come vetro.
Cominciai a germogliare come un rametto di marzo:
un braccio e una gamba, un braccio, una gamba.
Da pietra a nuvola, e così salii in alto.
Ora assomiglio a una specie di Dio
e fluttuo per l' aria nella mia veste d'anima
pura come una lastra di ghiaccio.
È un dono.

Sylvia Plath

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